Stile artistico
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La difficoltà d’inserimento di un pittore profondamente solitario e ribelle come lui, è senz’altro palese, ma dalla sua pittura è facile individuare quegli elementi oggettivi (al di là di ogni sua dichiarazione di poetica) che permettono, attraverso il suo stile più maturo, di definirlo come pittore “post-impressionista di tendenza espressionista”.
Natura morta con cavolo e zoccoli, 1881
Van Gogh guardò agli impressionisti con interesse soltanto per la loro tavolozza luminosa. Era il colore a sedurlo, mentre non amava la maniera sommaria e poco disegnativa di quegli artisti. Egli veniva da una pittura tenebrosa, ancorata ai valori del passato; era un disegnatore abile e riteneva il disegno fondamentale, a differenza degli impressionisti; ma la scoperta che compì a Parigi fu notevole sotto il profilo cromatico. Parigi, diffondeva tavolozze chiare, ricche di quella luce del paesaggio che era mancata nei dipinti precedenti di Van Gogh. In qualche opera, pertanto Van Gogh si adegua al nuovo stile, lo interpreta a proprio modo. E’ in questi casi che egli somiglia di più agli impressionisti. Un periodo breve, transitorio, eppur fondamentale, poichè la tavolozza diviene sempre più chiara, sino a cogliere, dopo il trasferimento in Provenza, il sole e la luce del Sud. Sotto il profilo della genetica della pittura egli deve molto all’impressionismo, pur non riconoscendosi in esso. Egli tende però a marcare un punto di vista molto soggettivo; forza e piega la realtà al proprio desiderio espressivo. I suoi paesaggi e i suoi ritratti, a differenza di quelli degli impressionisti, non ha nulla di pienamente realistico.
Mucchi di fieno in Provenza, 1888
Per questo fu un post-impressionista, cioè un artista che tenne conto, superandoli, di alcuni aspetti dell’impressionismo, collocandosi più in là. I suoi dipinti, a differenza della maggior parte delle opere degli impressionisti, non colgono l’istante transitorio della realtà; non sono “istantanee”, non fissano l’attimo fuggitivo; non sono attente al gioco variabile della luce; non si collocano sul piano del presente, nonostante nascano dal confronto con la realtà, ma occupano una dimensione temporale eterna. Van Gogh è poi molto fedele alla struttura del disegno, a differenza degli impressionisti che, tendenzialmente, evitano le linee conchiuse. Non procede sulla tela con macchie, ma attraverso un tratteggio compiuto con il pennello, come se fosse una stesura disegnativa. Per certi aspetti il tratteggio ricorda una scrittura, attraverso la quale egli fornisce indicazioni direzionali e strutturali rispetto all’oggetto dipinto. La forte marcatura cromatica, il grafismo disegnativo, la sottolineatura, attraverso linee di contorno, dei margini delle figure portano ad un potenziamento dell’espressione, in base al proprio modo di sentire. Per questo la tendenza della sua pittura post-impressionista è di matrice espressionista.
La siesta, 1889-1890
Egli inciderà infatti – con i colori violenti e puri – sui fauves e su parte dell’espressionismo tedesco. Il termine espressionismo (utilizzato per definire la rappresentazione della realtà secondo una percezione soggettiva) non è applicato soltanto a soggetti cupi o a temi terribili o a soggetti deformati, come avviene nella cosiddetta pittura degenerata tedesca degli anni della Prima guerra mondiale o della repubblica di Weimar. Esiste anche un espressionismo che punta sull’idea esasperata del colore e sull’accoglimento di un’idea pervasiva di una nuova bellezza, insita nella natura e nelle cose.
La notte stellata sul Rodano, 1888
Van Gogh dovette discostarsi progressivamente dalla matrice disegnativa, che è fortemente presente nelle prime opere. Egli però si trovò a produrre quadri utilizzando il pennello come una matita, con interventi chiaroscurali o linee direzionali, segmenti al tratteggio, dati a olio. Si avvide che questa era una nuova strada per rendere la struttura della materia, che egli avvertiva nella prepotenza della natura. Le torsioni degli alberi, in direzione della luce. Le messi sospinte in un’unica direzione dal vendo. Le cortecce attorte e contorte. In genere, anche dove non appare un nettissimo tratteggio di colore segmentato, l’artista dava un orientamento ai propri impasti spessi di colore, come se li modellasse scultoreamente con il pennello, attratto fortemente dalle linee direzionali lungo le quali si sviluppa ogni cosa. L’artista esordì aspirando all’equilibrio tra la griglia del disegno e la pittura. Portò avanti entrambe le tecniche cercando ansiosamente il punto di fusione, che venne trovato grazie al contatto con gli impressionisti.
Campo di ulivi, 1889
Prima di partire per la Francia, intraprese, a Nuenen, un corso di autoformazione, pagando i modelli che reclutava in campagna per impratichirsi con la tecnica del ritratto. Ne uscì una galleria straordinaria per tratti duri e sommari, ma altamente espressiva. Per l’artista fu una grande sofferenza imboccare la strada della sintesi tra pittura e disegno, ma il suo percorso – nel corso del quale giunse ad usare anche la camera ottica – fu ricompensato da uno stile unico, che non fu compreso dai suoi contemporanei. L’artista aveva cognizione di essere in anticipo sui tempi. Interessante risulta la stesura direzionale del colore, presente, a livello di impasto materico, in modo rinnovato, anche negli ultimi dipinti.
Ritratto donna, 1885
Nel primo Novecento la malattia di Vincent Van Gogh può aver in qualche modo facilitato la sua evoluzione artistica, favorendo il distacco dai canoni dell’impressionismo, ed esasperando la sua ricerca innovativa di autenticità e semplicità, spinta quasi a pretendere che le cose dipinte diventassero vive.