fotografia e apparato stilistico
Kurosawa utilizza la fotografia sapientemente nel film, un'utilizzo del bianco e nero di grande impatto, che fa risaltare le luci e le ombre, considerando la grande ambiguità narrativa, che la fotografia non fa che accentuare, non stupisce come essa abbia portare a grandi discussioni sul suo utilizzo. Nel suo saggio Rashomon, Tadao Sato suggerisce che l'inusuale utilizzo dell'illuminazione nel film voglia simboleggiare il male e il peccato, deducendo che la moglie cede alle voglie del bandito quando sorge il sole. Contrariamente, la professoressa Keiko I. McDonald si oppone all'interpretazione data da Sato nel suo saggio The Dialectic of Light and Darkness in Kurosawa's Rashomon. McDonald afferma che nel film la luce viene utilizzata in modo molto più convenzionale per simbolizzare il "bene" o la "ragione", e le tenebre come metafora del "male" e dell'"impulsività". Mcdonald afferma che kurosawa per il finale voleva aspettare una grossa nuvola, simbolo di incombenti temporali, se ci affidiamo a questa versione il finale sarebbe stato ancora più ambiguo. Kurosawa quindi, riesce a utilizzare la fotografia di Kazuo Miyagawa per rafforzare tantissimo la narrazione. Per l'utilizzo di inquadrature Kurosawa usa il primo piano per dare maggiore drammaticità e emozione alle scene che ne necessitano, invece per rafforzare la misteriosità usa inquadrature esenti di personaggi, e li rafforza con ombre taglienti o elementi naturali che diminuiscono la visione dello spettatore.