Morte e mistero

Erano le 12:45 del 18 Settembre 1970 quando al pronto soccorso dell’ospedale St. Mary Abbot’s di Kensington, Jimi Hendrix venne dichiarato morto.

La sera prima Jimi si era recato al party di Peter Cameron, dove si era divertito, aveva bevuto e aveva assunto una massiccia dose di barbiturici, per poi fare ritorno in tarda notte al Samarkand hotel di Notting Hill dove lo aspettava Monika Danneman.

Secondo la versione della donna, lei e Hendrix avrebbero chiacchierato fino all’alba prima di addormentarsi ciascuno nel proprio letto.

Verso le 11 del mattino Monika andò a fare visita al chitarrista, trovandolo svenuto nel suo letto in una pozza di vomito.

La donna si fece prendere dal panico e aspettò qualche minuto di troppo prima di chiamare i soccorsi.

Quando arrivarono i paramedici, vedendo un uomo nero in stato comatoso e ricoperto dei suoi rigetti, senza riconoscere l’artista, sottovalutarono la situazione classificandola come mera intossicazione da alcol.

Quando poi lo trasportarono in ospedale ormai non c’era più nulla che si potesse fare.

Dieci giorni dopo la morte, il coroner, dopo aver fatto l’autopsia stabilì che la causa della morte del cantante fu asfissia, causata dal proprio vomito.

Jimi Hendrix, sregolato e narcisista, eclettico e multiforme, il suo  decesso rimase avvolto da una patina di mistero.

 Tante le domande che non trovarono risposta e numerose le contraddizioni legate alla versione dei fatti. Ad alimentare ciò, una vita al limite. L’abuso di droghe e alcool e le amicizie pericolose, poi, non fecero altro che gettare benzina sul fuoco.

Circa un anno prima, Jimi si trovava in un periodo in cui era stanco dei viaggi, delle continue pressioni da parte delle persone che lo circondavano, in particolare il suo manager Michael Jeffery, e per le aspettative che il pubblico nutriva su di lui.

Durante una vacanza in Marocco, il chitarrista si fece leggere la mani da un chiaroveggente il quale predisse la sua morte prima dei trent’anni.

Questo scatenò un trauma emotivo per Hendrix che si portò fino al giorno della sua morte ; ad agosto del 1970, quindi un mese prima del decesso, Jimi raccontò ai suoi amici che aveva sognato di aver fatto l’amore con la regina Cleopatra d’Egitto, per poi morire affogato nel vino. Una tragica premonizione di quello che poi successe quel maledetto 18 Settembre.

Le circostanze esatte della morte del miglior chitarrista di tutti i tempi rimasero un mistero; motivo per cui si iniziò a sospettare che la sua non fu una morte accidentale ma un omicidio. 

Un suo fan James “Tappy” Wright, sostenne che lui conoscesse il vero assassino del chitarrista. Parve che fosse proprio il suo manager, Michael Jeffery, con il quale aveva una causa legale in corso.

Secondo questa storia il manager avrebbe confessato da ubriaco un anno dopo la morte del suo assistito. 

Jeffery era preoccupato che Hendrix si stesse preparando a trovare un nuovo manager dopo la fine del suo contratto, così entrò nella sua camera d’albergo e lo riempì di vino e pillole. 

Jeffery aveva detto, secondo il fan di Hendrix, James Wright: 

“Riesco ancora a sentire quella conversazione, vedere l’uomo che avevo conosciuto per così tanto della mia vita, il suo viso pallido, la mano che si stringeva al bicchiere con rabbia improvvisa. Ho dovuto farlo. Capisci, no? Ho dovuto farlo. Sai dannatamente bene di cosa sto parlando. Sono stato a Londra la notte della morte di Jimi e insieme ad alcuni vecchi amici … siamo andati nella camera d’albergo di Monika, abbiamo preso una manciata di pillole e gliele abbiamo infilate in bocca… poi si è versato qualche bicchiere di vino rosso”. 

“Ho dovuto farlo. Jimi valeva molto di più per me morto che vivo. Quel figlio di puttana mi avrebbe lasciato. Se lo avessi mollato, avrei davvero perso tutto.”. 

Queste furono le parole (da prendere con le pinze) di Michael Jeffery. Wright sostenne anche che Jeffery gli avesse confessato di aver stipulato una polizza assicurativa sulla vita per Hendrix del valore di 1,2 milioni di dollari con Jeffery come beneficiario.

 Si parlò anche di suicidio. Si disse che in quel periodo Jimi fosse in uno stato di grande stress emotivo e psicologico, a causa di difficoltà personali e professionali. La sua carriera stava attraversando un momento di crisi, e ci furono  testimonianze che suggerirono che avesse avuto pensieri suicidi prima della sua morte.

Tuttavia, molti esperti e amici di Hendrix hanno messo in discussione questa teoria, sottolineando che non c’erano evidenze concrete che suggerivano una sua intenzione di farla finita.

 La sua personalità vivace e il suo amore per la musica sembravano andare contro l’idea di un suicidio premeditato.

Alcuni credevano che la morte di Hendrix fosse stata il risultato di una “congiura” ordita dall’industria musicale per fermare la sua crescita artistica. Hendrix stava infatti iniziando a esplorare nuovi orizzonti musicali e a prendere direzioni che avrebbero potuto sfidare gli interessi delle case discografiche. Si diceva che le forze dell’industria lo avessero visto come una minaccia e avessero deciso di eliminarlo.

Un’altra teoria, più filosofica e legata alla cultura del tempo, sosteneva che la morte di Jimi Hendrix rappresentasse una sorta di “morte simbolica” di una generazione, un capitolo chiuso per la cultura hippie e la controcultura degli anni ‘60. Hendrix, infatti, rappresentava un’epoca di cambiamento e sperimentazione, e la sua morte poteva essere interpretata come la fine di un’era.

Questa teoria era più un’interpretazione simbolica che una vera e propria spiegazione, ma trovò spazio nelle discussioni sulla sua eredità e sull’impatto che ebbe sulla musica e sulla cultura.

Nonostante tutte le teorie, la causa della morte di Jimi Hendrix rimase un mistero. La versione ufficiale parlò di sovradosaggio accidentale, ma il fatto che ci fossero così tante speculazioni e incongruenze alimentò la leggenda del “mistero Hendrix”. 

Qualsiasi altra spiegazione restò, per ora, nel regno della speculazione.

Che si sia trattato di un tragico sovradosaggio accidentale, di un suicidio, di un omicidio o di qualche altra causa, la sua morte ha alimentato speculazioni che riflettevano il suo status di icona e la sua vita complessa. Tuttavia, ciò che è rimasto indelebile è l’impatto straordinario che Hendrix ha avuto sulla musica, sulla cultura e sulla sua generazione, un’eredità che ha continuato a ispirare e a lasciare il segno per decenni. 

La sua morte, misteriosa quanto la sua vita, ha fatto di lui una figura leggendaria, e ancora oggi, a più di cinquant’anni di distanza, il suo nome continua a evocare il fascino di un talento incompreso e di un’epoca che è stata, forse, la più rivoluzionaria della storia della musica.