storia

Sebbene sia stata pesantemente criticata per le sue fattezze sproporzionate al Salon del 1819, anno della sua prima esposizione, l'opera ricevette un consenso unanime positivo dopo un arco di tempo di circa dieci anni.

Riferendosi al dipinto il professore d'arte Robert Rosenblum la definì:

        «Una pigra creatura dell'harem, i cui piedi non sono mai stati segnati o sporcati dall'uso, l'odalisca è presumibilmente in mostra passiva per il nostro diletto... Giace reclinata nel lusso ovattato, carezzata da rasi, sete, pellicce e piume.»

Louis de Cormenin la descrisse in questo modo:

         «...lei volta verso lo spettatore una testa incurante con la consapevolezza di essere bella. Lei non è nuda per insolenza, ma per tranquillità e serenità... Senza lacrime di rimorso, senza modestia e senso di allarme, lei aspetta... la sua bellezza non la stimola...»

 

Charles Lenormant dichiarò invece:

          «Sorprendentemente bella da un punto di vista puramente materiale, così fiera di sé, e così distaccata sia con il presente che con il futuro»


Come messo in evidenza dalla scrittrice Fatema Mernissi, la donna di Ingres è nuda, sebbene le vere odalische fossero sempre vestite. Ciò è stato interpretato, criticamente, come il risultato di una visione distorta e lasciva che l'Occidente aveva, durante l'Ottocento, nei confronti di culture distanti, quali quella islamica