AUTORE ANTONIO CANOVA


                                                                                            

ANTONIO CANOVA

Antonio Canova (Possagno1º novembre 1757 – Venezia13 ottobre 1822) è stato uno scultore e pittore italiano, ritenuto il massimo esponente del Neoclassicismo in scultura e soprannominato per questo «il nuovo Fidia».

Antonio Canova esprime nelle sue creazioni la perfezione, la bellezza e la purezza dell'arte antica, con un'attenzione tutta nuova nel rendere più espressivi ed umani i volti e gli atteggiamenti del corpo, assenti nelle statue della mitologia greca-romana, a cui egli si ispirava. La perfezione delle linee, delle forme e la delicatezza delle superfici nei suoi modelli nascondono un duro lavoro di ricerca e di misurazione delle proporzioni, che rispondono ai canoni di bellezza ideale[1][2]; questi sono i motivi per cui viene considerato il più grande scultore di tutti i tempi[3][4], capace di dare perfezione e grazia al marmo e capace di eguagliare e superare lo splendore antico delle sculture greche-romane, sotto il segno, appunto, del suo soprannome, "Nuovo Fidia"[4][1][2].

Canova svolse l'apprendistato a Venezia. Nel 1779 si trasferì a Roma, dove risiedette per il resto della sua vita; sebbene viaggiasse spesso, principalmente per soggiorni all'estero o per ritornare nei luoghi natii, l'Urbe per lui rappresentò sempre un imprescindibile punto di riferimento.

Intimamente vicino alle teorie neoclassiche di Winckelmann e Mengs, Canova ebbe prestigiosi committenti, dagli Asburgo ai Borbone, dalla corte pontificia a Napoleone, sino ad arrivare alla nobiltà veneta, romana e russa. Tra le sue opere più note si ricordano Amore e PsicheTeseo sul MinotauroAdone e VenereEbeLe tre Grazie, il Monumento funebre a Maria Cristina d'Austria, la Paolina BorgheseErcole e Lica e la Venere italica.

Biografia

Infanzia e giovinezza

Contesto familiare

Antonio Canova nacque il 1º novembre 1757 a Possagno, centro trevigiano della pedemontana del Grappa, da Pietro Canova e dalla crespanese Angela Zardo, detta Fantolin, appartenente a famiglia benestante di scalpellini, pratici d'architettura e per un tempo anche proprietari di cave a Possagno. Il giovane Canova a nemmeno quattro anni perdette il padre, «lavoratore in pietra e architetto». La madre, dopo non molto tempo, passò a seconde nozze con il crespanese Francesco Sartori; mentre lei, con l'occasione, tornava a Crespano, il piccolo Antonio rimase a Possagno, affidato alle cure del nonno paterno Pasino.[5]

Pasino Canova, nato a Possagno il 16 aprile 1711, era anch'egli un abile tagliapietre, noto nei paesi limitrofi per i suoi interventi scultorei in chiese e ville; legato alla bottega di Giuseppe Bernardi, detto il Torretti, eseguì un rilievo marmoreo con Madonna per la villa Falier ai Pradazzi di Asolo, due Angeli in pietra nella chiesa parrocchiale di Monfumo, e gli altari maggiori della chiesa di Thiene. Pasino, oltre ad essere un cattivo amministratore del proprio patrimonio economico (eroso in seguito ad alcune fallimentari speculazioni), era un uomo burbero e stravagante, che procurò non pochi maltrattamenti e mortificazioni all'animo assai sensibile del piccolo Canova, che assorbì questi eventi molto profondamente e ne restò segnato per tutta la vita.

Primi passi nella scultura[modifica | modifica wikitesto]

«fanciullo, / al cupo rezzo dei castagni, antichi / qui s'assidea Canova, alla natura / la man tendendo desioso ...»

(Giacomo ZanellaPossagno, in Poesie)

Malgrado la sua indole severa, Pasino si rivelò essere un valente insegnante per il nipote. Intuendo le inclinazioni e il talento artistico del piccolo Antonio, infatti, egli lo mise a lavorare e scolpire la pietra nel cantiere di villa Falier, dove attendeva ad alcuni lavori. Segnalandosi tra i più solerti nell'apprendere l'arte lapicida, Canova qui si attrasse la benevolenza di Giovanni Falier che, acceso dall'entusiasmo, lo sottrasse al nonno e si prese cura della sua formazione professionale, allocandolo presso la bottega di Giuseppe Bernardi, situata nella vicina Pagnano d'Asolo (non lontano da Possagno). Si racconta, addirittura, che Canova si guadagnò la commossa ammirazione del Falier quando, a una cena di nobili veneziani, egli incise nel burro la maestosa figura di un leone di San Marco ad ali spiegate, eseguito con tanta maestria che tutti i convitati ne rimasero meravigliati.

Nel 1768 il piccolo Tonin si trasferì nella bottega del Torretti a Venezia, città animata da profondi stimoli artistici e fermenti culturali; il contratto di garzonato gli garantiva vitto, alloggio e cinquanta soldi al giorno e gli consentiva inoltre di frequentare i corsi serali dell'Accademia di Nudo allestita a «Fontegheto de la Farina», in bacino San Marco. Grazie all'aiuto finanziario di nonno Pasino, che aveva venduto un piccolo podere, dal 1770 Canova poté lavorare solo metà giornata nella bottega (passata, dopo la morte del Torretti, a suo nipote Giovanni Ferrari), dedicando l'altra metà allo studio del materiale statuario della galleria di Ca' Farsetti, a Rialto, ove erano raccolti calchi in gesso di statue antiche e moderne. L'esperienza lagunare lasciò un'impronta indelebile nel giovane Canova, che qui maturò un primo approccio (seppur mediato) con la cultura classica e apprese, oltre ai segreti per scolpire il marmo, anche come gestire economicamente e tecnicamente una bottega, conoscenze che certamente gli furono di giovamento quando se ne aprì una propria.

I primi lavori veneziani del Canova furono due Canestri di frutta (oggi al museo Correr) commissionati dal Falier ma indirizzati a Filippo Vincenzo Farsetti. Seguirono nell'ottobre 1773 una Euridice e un Orfeo in pietra di Costozza, eseguiti sempre su commissione del Falier. Canova terminò le statue due anni dopo e, esposte nel maggio 1776 alla fiera annuale dell'arte veneziana della festa della Sensa, riscossero uno sfolgorante successo, sancendo la sua ascesa nel mondo dell'arte.

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