BIOGRAFIA
I PRIMI ANNI E LA FOTOGRAFIA
Beksiński nasce a Sanok nel 1929, un borgo nel sud-est della Polonia, che soltanto 10 anni dopo quella data vide l’insorgere della guerra, concretizzatasi con l’occupazione da parte della Germania dapprima, e successivamente dell’Unione Sovietica. Nel contesto bellico in cui crebbe, Beksiński fu costretto a diplomarsi in un liceo clandestino.
Al termine del secondo conflitto mondiale, verso la fine degli anni ’50, l’artista scelse di focalizzare il proprio talento nella fotografia. Scelta che gli aprì le porte verso un mondo oscuro, surreale, seppure in misura minore rispetto ai suoi successivi lavori ad olio. Nelle immagini di questo periodo traspare infatti un dolore arcaico legato alla corporeità dei suoi soggetti, che vengono distorti, deformati. La privazione dell’identità individuale, che appare come scopo ultimo delle immagini, in Beksiński si traduce in una ricerca spasmodica dell’identità stessa. Duplici, molteplici: i soggetti dell’artista polacco sembrano osservare la frammentazione del loro essere lungo un percorso di sofferenza e paura che non prevede una fine; così come egli percepiva chi lo circondava. Molti suoi scatti, infine, vertono alla rappresentazione in chiave strettamente decadente di realtà a lui vicine: strade strette, mura legnose, persone solitarie sovrastate dall’architettura circostante. Nel 1959 si tenne, presso
Gliwece, la celebre mostra polacca de L’Antifotografia, nella quale l’artista ebbe la possibilità di esporre quindici suoi lavori. Tra questi, particolare stupore nella critica destò, all’epoca, lo scatto denominato “corsetto sadico”, ritraente la sua stessa moglie, Zofia, di spalle. L’immagine della donna immobile, stretta nel proprio abito surreale composto da funi, si poneva in contrasto con la visione della fotografia “pura” del tempo, che egli, come argomentò nel suo saggio La crisi della fotografia e le prospettive per il suo superamento, riteneva oramai anacronistica e destinata ad essere soppiantata dall’astrattismo.
OLTRE LA FOTOGRAFIA - UN'ESISTENZA TRAGICA
Nonostante la propria vocazione per la fotografia, la necessità di esprimere se stesso spinse Beksiński a ricercare nuovi canali di comunicazione, approdando dapprima alla scultura e in seguito, a partire dal 1964, alla pittura. La fase scultorea dell’artista, seppure di breve durata, gettò le basi stilistiche che caratterizzeranno i suoi lavori su tela. Questa scultura dialogava con lo spazio, lo riempiva e contemporaneamente tendeva ad assorbirlo. Nelle prime opere, realizzate in gesso, predominavano volti grotteschi i cui elementi essenziali venivano moltiplicati, quasi esasperando la loro fisionomia.
Molto più significativa, in quanto strettamente correlata alla prima fase della sua pittura, è stata la produzione scultorea realizzata in ferro e altri metalli. Molti di questi lavori, infatti, ricalcarono delle idee e delle forme che l’artista stava iniziando ad imprimere contemporaneamente nei disegni. A partire dal ’64, però, lo stile di Beksinski, abbandonatosi ormai alle pennellate e ai colori, si discosta dall’arte avanguardista polacca. Una frattura insanabile che gli procurò l’etichetta di “rinnegato” da parte degli stessi critici che, negli anni addietro, ne tesserono le lodi.
Il primo grande successo espositivo per Beksiński è stata la mostra organizzata a Varsavia dal critico Janusz Bogucki. Il pubblico accolse con favore la mostra, e l’intero listino delle opere fu venduto. Dopo molti sforzi, nel 1977 si trasferì con la famiglia a Varsavia, riscuotendo sempre più consenso e affrontando critiche sempre più feroci da parte dei suoi vecchi estimatori.
A discapito del proprio successo lavorativo, la vita personale del pittore in seguito al proprio arrivo a Varsavia fu però scossa da un numero interminabile di lutti. Dopo aver assistito alla morte di sua madre e di sua suocera, Beksiński perse la moglie, nel 1998, a causa di una grave malattia. L’anno seguente suo figlio, Tomasz, si tolse tragicamente la vita. Una serie di eventi raccapriccianti che spinsero alcuni a descrivere la sua famiglia come “maledetta”. Ancora più tragiche, e a tratti grottesche, furono le dinamiche inerenti la sua stessa morte. Zdzisław Beksiński morì infatti la notte tra il 21 e il 22 febbraio 2005, assassinato nel suo appartamento a Varsavia da un conoscente a cui aveva rifiutato un prestito. Una fine surreale e lugubre per un uomo che fece di queste due accezioni un vero e proprio stile.