tra storia e mito
Giuditta è un personaggio biblico, eroina del popolo ebraico. Il suo nome deriva dall'ebraico "lodata", ed è la forma femminile del nome Giuda. Le imprese di Giuditta sono narrate nel libro omonimo che fa parte dei testi deuterocanonici, ovvero esclusi dal canone della Religione Ebraica (e pertanto considerati apocrifi dalle Chiese Protestanti), ma accettati come canonici dalla Chiesa Cattolica e da quella Ortodossa. Dante Alighieri la cita nelle anime beate del XXXII Canto del Paradiso, insieme a Sara, Rachele, Rebecca e Rut:
siede Rachel di sotto da costei
con Bëatrice, sì come tu vedi.
Sarra e Rebecca, Iudìt e colei
che fu bisava al cantor che per doglia
del fallo disse ’Miserere mei’.»
La storia è tratta dal Libro di Giuditta, un testo di 16 capitoli contenuto nella Bibbia cristiana. È ambientata ai tempi di Nabucodonosor (605-562 a.C.), il re degli Assiri in quel tempo in guerra contro i Medi, un popolo dall’impero enorme tutto ad Oriente. Terminata vittoriosamente la prima campagna di guerra il grande re affidò al suo miglior generale, Oloferne, la missione d’Occidente: bisognava conquistare il popolo di Israele. Oloferne, non conoscendo queste genti, chiese al suo condottiero Achior informazioni, ma non fu felice della risposta. Achior mise in guarda il suo generale spiegandogli che quella era una missione impossibile: quel popolo era invincibile perché aveva un Dio a proteggerli, a patto che essi non trasgredissero le sue leggi.
Cito: «Se ci accorgiamo che c’è in mezzo a loro questo inciampo [il loro disobbedire al Dio, ndr], avanziamo e diamo loro battaglia. Se invece non c’è alcuna trasgressione nella loro gente, il mio signore passi oltre, perché il Signore, che è il loro Dio, non si faccia loro scudo e noi diveniamo oggetto di scherno davanti a tutta la terra.» (Gdt 5, 20-21).
Capito dunque? Achior aveva dubitato della vittoria di Oloferne, della sua grandezza! Fu presto punito, abbandonato ai nemici e legato giusto fuori le porte della città di Betulia. Gli israeliti lo ricoverarono, ma soprattutto si prepararono alla guerra. Dopo più di un mese sotto assedio, ridotti allo stremo, affamati e assetati, annullati dalle forze, stavano per cedere. Il loro capo, Ozia, riuscì tuttavia a convincerli a resistere, a continuar a combattere per almeno altri cinque giorni. Ed è proprio qui che entra in scena la più bella protagonista che la storia ricordi.
Si legge nel Libro: «Giuditta era rimasta nella sua casa in stato di vedovanza ed erano passati già tre anni e quattro mesi. Si era fatta preparare una tenda sul terrazzo della sua casa, si era cinta i fianchi di sacco e portava le vesti delle vedove. Da quando era vedova digiunava tutti i giorni, eccetto le vigilie dei sabati e i sabati, le vigilie dei noviluni e i noviluni, le feste e i giorni di gioia per Israele. Era bella d’aspetto e molto avvenente nella persona; inoltre suo marito Manàsse le aveva lasciato oro e argento, schiavi e schiave, armenti e terreni ed essa era rimasta padrona di tutto. Né alcuno poteva dire una parola maligna a suo riguardo, perché temeva molto Dio.» (8, 4-8).
Alla notizia della vicina resa del suo popolo, la donna convocò gli anziani e li rimproverò di scarsa fede; ottenuta la loro fiducia, si vestì in gran pompa e si presentò ad Oloferne con dei doni, accompagnata dalla fedele serva, fingendosi una traditrice del suo popolo. Il generale, debole come ogni uomo di fronte a cotanta bellezza, mise da parte l’ira e sciolse il suo animo più mansueto. Convinto di poterla sposare, di poterla avere e possedere, accettò i suoi doni e la invitò a banchetto. Quella stessa sera si ubriacò del peggior vino e cadde in un profondo sonno. Avvicinatasi alla colonna del letto, Giuditta afferrò la testa di lui per la chioma, pregò il Signore e con tutta la forza di cui era capace lo colpì due volte al collo e gli staccò la testa. Da questo atto eroico ottenne grandi onori e ricchezze, visse fino a 105 anni, libera e rispettata dalla gente e rifiutò sempre ogni proposta di nozze.
Questa arcaica eroina ha avuto un successo enorme, è stata fonte di ispirazione letteraria e artistica. Giuditta che pungola lo scarso coraggio degli uomini e si fa capo di una grande rivolta è di per sé una figura che inquieta gli animi di quei tempi per la sua indipendenza, determinazione, spietatezza, insomma, quella che mi piace chiamare una “super donna”. Non c’è dubbio che l’uccisione di Oloferne evochi la vendetta della donna contro l’uomo violento, violentatore. Ma come ha potuto una storia di seduzione e inganno avere la meglio nelle società patriarcali? Patriottismo e senso di appartenenza, sono queste le virtù che le hanno consentito la promozione.