Il suo stile Surrealista
Nel 1925 Magritte entra nel suo periodo surrealista con l’adesione al gruppo di Bruxelles, composto da Camille Goemans, Marcel Lecomte e Paul Nougé, e dipinge il suo primo quadro surrealista, “Le Jockey perdu (Il fantino perduto)”, accorgendosi presto che quello che dipinge non è la realtà bensì la creazione di una nuova realtà come avviene nei sogni. Nel 1926 prende contatto con André Breton e l’anno successivo si tiene la sua prima mostra personale, presso la galleria Le Centaure di Bruxelles, nella quale espone ben 60 opere. Intanto si trasferisce a Parigi con la moglie, che aveva sposato nel 1922. Nel 1930, dopo l’esperienza parigina, Magritte decide di tornare a Bruxelles. I due si trasferiscono nella zona nord di Bruxelles, in cui Magritte ha vissuto il suo periodo più prospero per 24 anni e dove ha creato circa la metà di tutte le sue opere (800 in totale tra tele e disegni). Inoltre è qui che si sviluppano i più importanti momenti del surrealismo belga, poiché l’appartamento di Magritte fungeva da punto d’incontro del gruppo bruxellese e fu anche il teatro di numerose feste in maschera. Dal 1999 questo appartamento è stato trasformato nella Casa Museo dedicata al celebre artista. Nel 1940, per timore dell’occupazione tedesca, si trasferisce con la moglie nel sud della Francia. Dopo un ultimo lungo viaggio fra Cannes, Montecatini e Milano, avvenuto nel 1966, muore nel suo letto il 15 agosto dell’anno successivo a Bruxelles.
Magritte dipinge con una tecnica che potremmo definire ‘illusionismo onirico’, volta a creare nell’osservatore un ‘cortocircuito’ visivo. Le sue opere infatti contengono una forte componente legata ai sogni, così come la contrapposizione di elementi reali che però, affiancati, creano immagini totalmente assurde (come ad esempio un paesaggio simultaneamente notturno nella parte inferiore e diurno in quella superiore). Magritte è l’artista surrealista che, più di ogni altro, gioca con spostamenti del senso utilizzando sia accostamenti inconsueti che deformazioni irreali. Con la scoperta delle opere di Giorgio de Chirico e della pittura Metafisica, Magritte sente il bisogno di creare universi fantastici e misteriosi, immagini naturalistiche basate su elementi apparentemente indecifrabili ed enigmatici, come ne “La Trahison des images (Ceci n’est pas une pipe)” del 1928.
Un altro dei suoi quadri icona è il grande occhio spalancato nel cielo, o al contrario il cielo che si specchia nell’occhio, intitolato “Faux miroir”, piaciuto talmente tanto a Luis Buñuel da riprenderlo come scena madre nel suo film “Un chien andalou”.