Storia
Nel 2014, in Francia è stata ritrovata una Giuditta, ritratta anche in questo caso, a decapitare Oloferne. Questo quadro è stato ritrovato a Tolosa, ed attribuito a Caravaggio (uno dei più celebri rappresentanti dell’arte occidentale, fondatore della corrente naturalistica moderna e precursore dello stile barocco) solo nel 2016 viene avvertita la stampa e la notizia divenne di dominio pubblico.
Fin dalla sua scoperta, questo lavoro è stato un vero e proprio mistero.
Durante dei lavori per una perdita d’acqua in una casa a Tolosa, è apparsa da dietro un’intercapedine questa tela. Prima di rendere noto al pubblico il ritrovamento, sono stati fatti molti studi su questo possibile Caravaggio. Lo stato francese ha rinunciato alla prelazione sul quadro che per alcuni studiosi è opera di Michelangelo Merisi meglio conosciuto come Caravaggio, mentre per altri esperti solo un falso.
La vendita all’asta era prevista per il 27 giugno 2019, ma due giorni prima il quadro è stato venduto a sorpresa, acquistato da un collezionista anonimo. Si è sentito molto parlare di questo quadro, e a ciò ora si aggiunge una vendita privata e confidenziale da parte di una persona in contatto con qualche importante museo. Il probabile luogo è al momento ignoto. Il mondo degli storici dell'arte raccoglie molte adesioni alle perplessità sollevate diverse volte su questa incerta attribuzione. Uno dei maggiori esperti è Stefania Macioce, docente ordinario di Storia dell'Arte Moderna alla Sapienza Università di Roma. A New York, durante un suo incontro al Metropolitan Museum, Macioce aveva espresso dubbi sull'autografia caravaggesca, da attribuibile invece al pittore e mercante d'arte fiammingo Louis Finson, che ospitò Caravaggio nella sua bottega napoletana. Invece, un esperto francese, Eric Turquin, direttore del Dipartimento maestri antichi di Sotheby's (casa d’asta) che ha fatto seguire il restauro e che, in occasione dell'esposizione del quadro alla Galleria Colnaghi di Londra, ne ha ribadito con convinzione la paternità caravaggesca, questa tesi è stata confermata anche da Nicola Spinoza, ex direttore del museo di Napoli e uno dei grandi esperti mondiali del Merisi. L’autenticità della tela sarebbe tra l'altro comprovata dalla descrizione presente in due lettere del 1607 al Duca di Mantova, nel testamento in data 1617 di Louis Finson in un inventario del suo socio Abraham Vinck, redatto ad Anversa nel 1619.