Jean-Auguste-Dominique Ingres
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Jean-Auguste-Dominique Ingres ([ʒɑ̃ o'gyst dɔmi'nik ɛ̃gʁ(ə)]; Montauban, 29 agosto 1780 – Parigi, 14 gennaio 1867) è stato un pittore francese, considerato uno dei maggiori esponenti della pittura romantica.
Jean-Auguste-Dominique Ingres nacque a Montauban, in Francia, primo di sette fratelli (cinque dei quali sono sopravvissuti al periodo neonatale). Il padre, Jean-Marie-Joseph Ingres (1755–1814), era un decoratore e miniatore non privo di talento, figlio di Marie-Anne Pradal e del sarto Pierre-Guillaume Ingres; la madre, Anne Moulet (1758–1817), era invece la figlia quasi analfabeta di un parrucchiere, Jean Moulet e di Jeanne Lacroix.La formazione di Ingres avvenne nell'ambito artistico francese sotto la guida del padre, che fu in grado di valorizzare il precoce talento del figlio introducendolo all'esercizio del disegno. A partire dal 1786 iniziò a seguire le lezioni dell'École des Frères de l'Éducation Chrétienne locale; Ingres frequentò la scuola sino a quando venne chiusa a causa di alcuni tumulti popolari che già preludevano allo scoppio della Rivoluzione Francese.
Nello stesso anno Ingres si trasferì con la famiglia a Tolosa, dove proseguì la sua formazione e conobbe illustri personaggi. Presso la Académie Royale de Peinture, Sculpture et Architecture, dove si era iscritto, egli studiò sotto la guida dello scultore Jean-Pierre Vigan, del paesaggista Jean Briant e del pittore neoclassico Guillaume-Joseph Roques. L'amore contagioso di Roques per l'arte di Raffaello avrebbe influenzato in maniera decisiva il giovane Ingres, che si accostò affascinato allo studio della Roma delle antichità, dove venti anni addietro Jacques-Louis David aveva iniziato la rivoluzione neoclassica in pittura. Contestualmente, Ingres venne avviato allo studio della musica con l'aiuto del violinista Lejeune: rivelò doti musicali notevoli, tanto che diventò secondo violino dell'orchestra municipale di Tolosa. Da questa sua seconda attività artistica è nato un modo di dire molto diffuso in francese, «violon d'Ingres» ("violino d'Ingres"), con cui si indica una passione in cui si eccelle coltivata parallelamente alla propria attività principale.
A Parigi
Dopo aver riportato il primo premio di disegno all'Accademia di Tolosa nel 1797, Ingres decise di trasferirsi a Parigi per studiare arte al seguito dell'illustre pittore neoclassico Jacques-Louis David, in quell'anno assorbito nell'esecuzione del gran quadro delle Sabine. Giunto nella capitale francese poco prima del 18 fruttidoro dell'anno V (4 settembre 1797), Ingres apprese in questo ambiente gli ideali neoclassici e sviluppò la sua particolare armonia delle linee tenui e nell'utilizzo del colore.
Intanto, nel 1800, Ingres concorse per il prix de Rome, una borsa di studio che garantiva ai vincitori un periodo di perfezionamento artistico presso la città Eterna; pur risultando secondo (David, infatti, predilesse un altro suo allievo per evitare che partisse per il servizio militare), l'artista riuscì comunque ad aggiudicarsi l'ambito premio qualche anno dopo con l'esecuzione de Gli ambasciatori di Agamennone. Ingres, tuttavia, poté recarsi a Roma solo nel 1806, quando lo stato francese poté finalmente accumulare fondi sufficienti per finanziare il viaggio.
Trasferitosi in una cella del convento sconsacrato delle Cappuccine a Parigi, dove visse in compagnia dell'amico Lorenzo Bartolini, Ingres acquisì una certa notorietà dipingendo ritratti: di questi, si segnalano La famiglia Rivière, La bella Zelia, Il primo console, e l'Autoritratto. Come raramente accadde negli artisti della sua generazione, inoltre, Ingres studiò assiduamente i maestri del passato: oltre agli italiani quali Andrea Mantegna e Raffaello (suo punto di riferimento privilegiato), egli si formò anche sull'esempio della tradizione pittorica fiamminga, ben rappresentata da Hans Holbein il Vecchio e Jan van Eyck. Fu proprio quest'ultimo una delle fonti d'ispirazione per il Napoleone in trono, completato nel 1806 e presentato al Salon dello stesso anno. L'opera, in cui il generale corso viene assimilato a un Giove onnipotente, fu da subito oggetto di critiche molto aspre e virulente, suscitate dalla mancanza di somiglianza del Napoleone ivi effigiato con il modello reale. Ingres, ricoperto di vituperi dalla stampa (che lo definì addirittura «pittore al chiaro di luna»), fortunatamente partì per Roma proprio in concomitanza con l'apertura del Salon, iniziando un vero e proprio esilio volontario destinato a durare diciotto anni.
In Italia
Insediatosi presso villa Medici, sede dell'Accademia di Francia, a Roma Ingres continuò i propri studi pittorici, guardando con molto interesse soprattutto Raffaello e i quattrocentisti, che assunse a modello per perseguire l'ideale di purezza formale e di eleganza. Nel frattempo, continuò a partecipare ai Salon, inviando di volta in volta propri dipinti a Parigi: nel 1808 fu la volta di Edipo e la Sfinge e La bagnante di Valpinçon, dipinti con i quali Ingres intendeva dimostrare la perizia raggiunta nella raffigurazione di nudi maschili e femminili.[5] Le opere, tuttavia, non piacquero agli accademici francesi, che ricoprirono le due tele di vituperi sprezzanti. Assai intensa l'attività ritrattistica di Ingres in questo periodo: ai primi anni a Roma risalgono i ritratti di Duvauçay, François-Marius Granet, Edme-François-Joseph Bochet, Madame Panckoucke, e Madame la Comtesse de Tournon.
Nel 1811 inviò a Parigi, quale saggio conclusivo del suo quinquennio di studio romano, l'immensa tela raffigurante Giove e Teti, ancora stavolta sottoposta a violente critiche, perfino più acerbe di quelle rivolte alla Bagnante e a Edipo e la Sfinge. Ingres ne rimase basito: il pubblico era totalmente indifferente, e gli unici ad apprezzare il suo lavoro erano Eugène Delacroix e la cerchia di Pierre-Narcisse Guérin, i due iniziatori di quella stagione romantica che Ingres avrebbe guardato con diffidenza per il resto della sua vita (lo stesso Delacroix era definito da Ingres «apostolo del brutto»)
Nel 1811 inviò a Parigi, quale saggio conclusivo del suo quinquennio di studio romano, l'immensa tela raffigurante Giove e Teti, ancora stavolta sottoposta a violente critiche, perfino più acerbe di quelle rivolte alla Bagnante e a Edipo e la Sfinge. Ingres ne rimase basito: il pubblico era totalmente indifferente, e gli unici ad apprezzare il suo lavoro erano Eugène Delacroix e la cerchia di Pierre-Narcisse Guérin, i due iniziatori di quella stagione romantica che Ingres avrebbe guardato con diffidenza per il resto della sua vita (lo stesso Delacroix era definito da Ingres «apostolo del brutto»).